L’esercito di chi non ha più lavoro

Un Ticino europeo: disoccupazione all’8%

Truccare i conti è un esercizio che non fa onore a nessuno. Ma è quanto sta succedendo in Ticino da tempo, quando si analizza il fenomeno della disoccupazione.

Poche settimane dopo aver letto su tutti gli organi di stampa dati abbastanza confortanti su una – evidentemente presunta – diminuzione dei senza lavoro nel nostro cantone, abbiamo appreso, dai medesimi organi di stampa, un dato semplicemente sconvolgente. Ovvero, che i beneficiari dell’assistenza sociale in Ticino, sono saliti a quota 8258.

Negli ultimi cinque anni sono dunque aumentati del 40%. Nel 2010 erano 5900, l’anno dopo si era già passati a 6433, nel 2012 a 7121, l’anno scorso a 7517.

Di fronte a questa evoluzione negativa e davanti a un fenomeno che avrebbe scosso se non la coscienze, almeno la capacità di analisi di certi fenomeni, qualcuno ha guardato dall’altra parte. Invece di chinarsi sul problema, la segreteria di Stato dell’economia (SECO) e i suoi addentellati pubblici e privati, si sono incaponiti nel soffermarsi solo sui dati relativi alla disoccupazione, intesa non come mancanza di lavoro, bensì come elemento statistico relativo a soggetti iscritti agli Uffici regionali di collocamento (Urc). Risultato: certe cifre non sono mai apparse sui mass media. Sta di fatto che i disoccupati, oggi in Ticino, sono circa l’8 %: 6000 iscritti agli Urc, 8258 in assistenza.

Sono dati paurosamente vicini a quelli dei modelli europei che noi critichiamo tanto e che allarmerebbero chiunque abbia un minimo di senso di responsabilità. Ce ne rendiamo conto?

Qualcuno ha mai capito perché i beneficiari di assistenza sociale, ovvero coloro che non solo non hanno più un lavoro, ma non ce l’hanno da molto tempo, hanno scarse prospettive e si trovano in una situazione economica molto precaria, non siano mai stati calcolati?

Abbiamo assistito – e continuiamo ad assistere – a uno spettacolo indecoroso, in cui gli esperti hanno nascosto la sporcizia sotto il tappeto, fingendo che andasse tutto bene, levando peana all’aumento di nuove aziende straniere insediate in Ticino, ma che assumono solo stranieri e frontalieri, osteggiando le proposte di chi ha centrato il problema e propone soluzioni che non piacciono a gran parte del mondo economico e delle associazioni che lo rappresentano. Ulteriore notizia scandalosa degli ultimi giorni, 4000 nuovi posti di lavoro in Ticino e guarda caso 4000 nuovi frontalieri.

Però parliamoci chiaro, adesso basta frignare. Invertire la rotta si può.

Per calmierare la situazione va applicata in tempi ultra rapidi l’iniziativa del 9 febbraio contro l’immigrazione di massa. In Ticino inoltre, attendiamo che i cittadini siano chiamati ad esprimersi sull’iniziativa costituzionale cantonale dell’UDC “Prima i nostri”, che propone misure concrete per combattere il dumping salariale, contrastare gli ormai sistematici fenomeni di sostituzione di manodopera locale a favore di personale proveniente da oltreconfine e, soprattutto, per ridare non solo lavoro, ma anche dignità a chi qui vive e chi qui vorrebbe campare facendo affidamento sulle proprie forze e non sulle elargizioni dello Stato. Perché avere oltre 8000 persone in assistenza sociale è un dramma umano, prima ancora che un dato economico.

È evidente che ci troviamo di fronte a un modello di sviluppo che fa acqua da tutte le parti, che punisce coloro che non hanno formazione, così come quelli che ce l’hanno, che svilisce e annienta chi è nato in questo Paese e l’ha costruito con il sudore della fronte.

È ora di mettere da parte le differenze ideologiche e trovare punti di contatto tra forze politiche e sociali differenti, affinché la frustrazione, la rabbia e il dolore di quelle oltre 14000 persone ricevano una risposta.