No Billag, un tema complesso.

Sono molto combattuto se sostenere o combattere l’iniziativa Si all’abolizione del canone radiotelevisivo, detta anche No Billag, perché è un tema complesso che non può essere risolto con due semplici slogan. Il popolo sarà chiamato ad esprimersi in votazione popolare in primavera, ma i primi dibattiti e le polemiche sono già iniziate. Da una parte i rappresentanti dell’iniziativa che hanno iniziato a esternare le loro motivazioni, dall’altra uno schieramento di cittadini e media che sostengono lo status quo. A sostegno di questo sistema di finanziamento, dove i cittadini sono obbligati a pagare un canone di circa 460 franchi, prossimamente ridotto a 360, vi sono anche molti dipendenti RSI attivissimi nel combattere chi, a loro avviso, vorrebbe smantellare il servizio pubblico e cancellare migliaia di posti di lavoro in Ticino. I commenti espressi sui social network sono spesso assolutisti, accusano gli altri di incoscienza piuttosto che cercare di capire le motivazioni di chi, legittimamente, vuole mettere in discussione il sistema attuale. La comunicazione istituzionale della RSI è semplicemente maldestra e controproducente. Lo spot autoreferenziale che ci illustra quanto sono bravi a generare posti di lavoro, creare indotto per l’intero Cantone e nel fornire un servizio pubblico di qualità – su questo criterio sono piuttosto d’accordo-, é dannoso e controproducente. Vantarsi di aver creato più di 1’000 posti di lavoro con un canone che garantisce entrate annuali per circa 250 milioni di franchi non è necessariamente segno di grande abilità imprenditoriale. Anzi, fossi nella dirigenza RSI lascerei questo tipo di considerazioni a imprenditori che veramente rischiano del loro per creare anche solamente un impiego. Nell’era del digitale ogni azienda deve adattarsi al mercato, anche quelle pubbliche, altrimenti la sfida della competitività, sia essa tecnologica che economica sarebbe persa. La razionalizzazione dei costi non è un aspetto da snobbare, anche alla RSI. Non è da escludere che si possa fornire la stessa qualità anche con un budget più moderato. Questo anche per rispetto a quei cittadini che non hanno la possibilità di scegliere se usufruire del servizio, ma devono obbligatoriamente pagare una tassa per una prestazione che magari neppure richiedono. In questi anni la SSR e di conseguenza la RSI in Ticino, non hanno dato l’impressione di voler ascoltare le critiche di chi contesta il sistema di finanziamento, ma anzi, forti dell’obbligatorietà di questa tassa imposta dalla società Billag, hanno tirato dritto per la loro strada infischiandosene del crescente vento contrario. Probabilmente se negli anni le molte critiche fossero state prese seriamente in considerazione non saremmo neppure chiamati a votare. D’altro canto mi rendo conto che se dovesse passare la proposta in votazione, per il nostro Cantone vi sarebbe un azzeramento degli introiti, con la conseguente messa a rischio di diversi posti di lavoro per la gran parte occupati da ticinesi. Ma la reticenza della RSI al confronto – e della Corsi, entità che reputo inutile – non aiuta il popolo ticinese ad esprimersi escludendo una componente emotiva, che a mio avviso potrebbe anche far pendere l’ago della bilancia verso l’accettazione dell’iniziativa. A farne le spese sarebbero anche le emittenti private come Tele Ticino, che con 1/62 del canone elargito alla RSI – 3 mio circa – fornisce un servizio altrettanto di qualità e al passo con i tempi. Considerando l’importanza del tema per il nostro Cantone, è mia intenzione promuovere un sano dibattito all’interno del partito, affinché si possa dare un’indicazione di voto ai nostri elettori ponderata e consapevole della posta in gioco.

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